La revisione è stata pubblicata su BMJ lo scorso aprile 2016 e indica le terapie più efficaci e le nuove strade da seguire con anziani affetti da demenza
La revisione sistematica è intitolata “Interventions to delay functional decline in people with dementia: a systematic review of systematic reviews” ed è stata pubblicata su BMJ Open. Le revisioni sono utili in quanto esaminano l’efficacia di una serie di interventi diversi per una particolare condizione e permettono agli operatori di tenersi aggiornarsi e districarsi tra i vari approcci proposti.
Lo scopo della revisione è stato quello di valutare gli effetti sulle attività della vita quotidiana (ADL) di cure non farmacologiche, farmacologiche e terapie alternative in persone affette da demenza.
La revisione sistematica degli studi (randomizzati controllati condotti con persone con malattia di Alzheimer o la demenza) che sono stati considerati, ha permesso di valutare una grossa mole di articoli che si sono concentrati sulla medesima tematica: la revisione è infatti stata presentata anche su PROSPERO, International prospective register of systematic reviews.
Dei 23 interventi studiati, pochi sono stati segnalati per aver avuto successo nel ridurre il declino funzionale: tra questi, le ricerche sull’uso di inibitori dell’acetilcolinesterasi e memantina, agenti farmacologici che sono ampiamente utilizzati nel trattamento della demenza, e due approcci non-farmacologici (esercizio fisico e interventi psicosociali con i familiari).
La revisione sottolinea come gli effetti degli interventi di esercizio fisico e gli interventi psico-sociali rivolti al caregiver, possano essere più importanti ancora di quanto emerso, non sono associati a effetti collaterali, pertanto questi interventi dovrebbero essere considerati di routine e raccomandati per le persone con demenza e i loro familairi. L’intervallo di tempo tra la diagnosi e la morte può essere di molti anni, pertanto, uno degli obiettivi del trattamento, in particolare nelle prime fasi della malattia, dovrebbe essere quello di promuovere l’indipendenza e ridurre il declino delle facoltà, nonchè di sostenere il caregiver.
Sempre rispetto agli interventi non farmacologici, cioè esercizio fisico e gli interventi psico-sociali rivolti al caregiver, secondo la revisione questi non dovrebbero essere difficili da attuare di routine per le persone con demenza in quanto sono realizzabili e facilmente accessibili nella maggior parte dei paesi occidentali. Tuttavia, gli operatori sanitari devono tenere presente che la partecipazione deve essere regolare. I programmi di allenamento variano negli studi analizzati in frequenza da 2 a 5 volte alla settimana e sono stati programmati per un minimo di 7 settimane. La ricerca sottolinea inoltre come i risultati indicavano soprattutto un rallentamento nel declino, piuttosto che una prevenzione diretta sulla malattia.
Lo studio inoltre sottolinea giustamente come gli outcome misurati soprattutto nelle ricerche farmacologiche, cioè i risultati, si misurino spesso in termini cognitivi (come memoria o attenzione..) ma questo non significa che il miglioramento abbia un impatto diretto con la performance dell’anziano nella quotidianità o sulla qualità della vita.
In conclusione, al momento attuale, in assenza di trattamenti risolutivi per la demenza, gli operatori sanitari dovrebbero cercare di limitare il declino funzionale nelle persone affette da demenza, considerando prescrizione di inibitori dell’acetilcolinesterasi e memantina, e raccomandando l’esercizio fisico e interventi psicologici rivolti ai familiari.
Lo studio conclude come i responsabili politici dovrebbero prendere in considerazione i risultati di questa revisione e le implicazioni per la pratica. Ad esempio, in Australia, mentre il governo spende una grande quantità di denaro sovvenzionare inibitori dell’acetilcolinesterasi e memantina (oltre $ 60 milioni per anno), c’è poco denaro investito per garantire le persone con demenza programmi di esercizio o interventi psicologici per il caregiver, che invece sono associati ad altri benefici come il miglioramento della salute cardiovascolare, riduzione del carico sul familiare e una maggiore partecipazione alla vita della comunità.