Secondo James Hillman, la paranoia è un disturbo del significato. Ma perché i paranoici sbagliano a dare il significato ad una parola o ad un gesto?
Uno dei modi per capire facilmente se si ha a che fare con una persona che soffre di paranoia è come ci fa sentire: i suoi sospetti e domande riescono a metterci in difficoltà e imbarazzo seppure non abbiamo fatto nulla contro di lui.
La caratteristica centrale di questa problematica è infatti la tendenza a vedere negli altri sia aspetti negativi (in realtà propri ma invece dipinti addosso ad altri) sia potenziali minacce esterne. Questi due aspetti sono collegati: infatti le caratteristiche non riconosciute come propie vengono percepite come minacce dall’esterno.
Le persone che soffrono di paranoia vivono ogni relazione, soprattutto quelle con persone significative, con diffidenza perché temono che gli altri stiano macchinando alle loro spalle.
Ma cosa dice il nuovo Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (APA, 2014)? Il DSM-5 descrive il disturbo paranoide di personalità come una problematica che nasce nella prima età adulta ma può vedere gli albori già nell’adolescenza; chi è affetto da disturbo paranoide di personalità ha una tendenza pervasiva a essere sospettoso verso gli altri al punto che le intenzioni degli altri vengono interpretate come malevoli.
Questo atteggiamento secondo il DSM-5 sarebbe presente in diversi contesti della vita quotidiana. Chi soffre di paranoia può vivere intensamente questo disturbo sia sul lavoro che negli affetti; ad esempio il paranoico vede attacchi a sé stesso o il proprio ruolo e alle proprie responsabilità, anche quando gli altri non li vedono, per esempio nel proprio gruppo di lavoro. Questo lo rende iper suscettibile alle critiche. Tra i tratti che caratterizzano un paranoico troviamo ad esempio: sospetti senza fondamento d’essere ingannato o danneggiato e dubbi ingiustificati sulla lealtà di collaboratori, amici e colleghi. E’ presente il timore che quello che confida possa essere usato contro di lui oppure pensa che ci siano significati nascosti cattivi o umilianti in quello che gli viene detto, anche in naturali osservazioni. Il paranoico sospetta in modo ricorrente rispetto alla fedeltà del partner, con controlli e domande.
Tra i criteri diagnostici, il DSM-5 indica anche come sia presente costantemente rancore, nel senso che la persona con disturbo paranoide di personalità difficilmente dimentica insulti o offese.
Chi soffre di disturbo paranoide, proprio per queste modalità descritte, può far fatica ad andare d’accordo con gli altri, fino a raggiungere anche un isolamento affettivo e relazionale. E come in un circolo vizioso, l’ostilità, più o meno manifesta verso gli altri, certamente non favorisce l’apertura degli amici e dei familiari verso la persona che soffre di questo disturbo, andando, agli occhi del paranoico, a confermare le sue aspettative (gli altri sono cattivi e vorrebbero ledermi). Questo avviene poiché i ragionamenti e le riflessioni che la persona fa in questa condizione, confermano, anziché contraddirla, l’idea di essere perseguitato. Manca il senso di fiducia negli affetti significativi.
Secondo molti contributi, il disturbo paranoide troverebbe le sue origini nell’infanzia, in un contesto di apprendimento in cui sono presenti in maniera massiccia ferite e scherni verso le capacità mostrate dal bambino. A questo si aggiungerebbero ricorrenti esperienze in cui il bambino prova vergogna e confusione, determinate da episodi di umiliazione, pesanti critiche e mortificazioni.
Chi soffre di disturbo paranoide non dovrebbe sottovalutare l’opportunità di rivolgersi ad uno Psicologo, soprattutto in quelle circostanze in cui sembrano emergere sintomi depressivi e aggressività verso sé stessi o verso gli altri.
Allo stesso modo, anche coloro che sono accanto ad un partner o ad un familiare sempre sospettoso possono provare sentimenti di disagio. Le continue percezioni distorte del familiare o del collega di lavoro rendono molto faticosa la quotidianità e alzano il livello di stress. La gelosia, le domande, le provocazioni, istigazioni, possono diventare fonte di malessere, per questo viene indicato un aiuto/sostegno psicologico a chi deve gestire e afftrontare tali situazioni.
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